“Come un manipolo di appassionati birrai sta trasformando una delle bevande più popolari al mondo”. Questo il titolo di un nuovo libro di Steve Hindy, recensito addirittura dall’Economist, che racconta un fenomeno interessantissimo, fra costume, enogastronomia, economia.
C’era una volta la birra industriale, infatti, che ha dominato buona parte dei consumi occidentali nell’ultimo secolo. Bionda, leggera e beverina, sostanzialmente incentrata sullo stile cosiddetto lager (a bassa fermentazione e gradazione), era lo stereotipo di una bevanda dalla storia, in realtà, molto più complessa. In Belgio e Regno Unito, in effetti, fra abbazie e pub, trappisti ed ales la birra aveva da sempre mantenuto caratteri e biodiversità, ma tutto sommato molto localmente riferiti.
Nel resto del mondo colore chiaro, frigorifero, quantità e un po’ di omologazione. Fino al giorno in cui un gruppo di appassionati comincia ad esplorare il fantastico universo del malto e del luppolo (che insieme ad acqua e lievito sono gli ingredienti di base di una buona birra) scoprendone colori, abitudini, storie e culture. Così tante e interessanti da non avere nulla da invidiare al più blasonato mondo del vino. E’ stato così che l’homebrewing, fra garage e improvvisati imbottigliatori, diviene per anni un passatempo creativo capace di dar vita ad alcune fra le più interessanti birre artigianali dei giorni nostri.
Merito anche dell’economicità degli ingredienti, della possibilità di reperirli un po’ ovunque (la birra ha un legame culturale con il territorio, più che agricolo) e dell’ampio spettro di possibilità nella costruzione di ricette, talvolta arricchite da ingredienti locali (luppoli, frutta, farina di castagne o farro, tanto per citarne qualcuno) che ne caratterizzassero la nuova identità. In pochi anni, in un curioso parallelo transoceanico, Italia e Stati Uniti d’America divengono due paesi di riferimento nelrinascimento birrario. I garage si trasformano in cantine attrezzate e poi in veri e propri birrifici, i consumatori scoprono i tanti gusti della birra, magari anche il piacere di consumarla non ghiacciata e abbinata ai pasti.
Si rendono disponibili a spendere di più per un prodotto di qualità, soprattutto se corredato di informazioni e contenuti, se quel prodotto racconta in qualche modo il suo birraio e qualcosa di nuovo. I produttori industriali, dapprima scettici, sono costretti a fare i conti con il fenomeno e a mettere in cantiere nuove produzioni e capacità di rapportarsi con un fenomeno che fa venire in mente la storia di Davide e Golia. E che oggi rappresenta –solo in Italia- più di 700 produttori, mentre negli Stati Uniti il 10% del mercato totale. Il che significa alcuni milioni di ettolitri di birra.
Fonte: Expo Rai