Nelle ultime settimana abbiamo ricevuto numerosissime richieste di assistenza in merito alle attività di vendi all’estero del prodotto birra. A tal proposito, abbiamo deciso di dedicare alcuni articoli sul tema. Partiamo con l’Inghilterra, in quanto la più gettonata da nostri soci.
Occorre una premessa necessaria per il tema paesi Ue. Trattandosi di attività di vendita fatta all’interno dell’Unione Europea, vige il principio del libero scambio di merci. All’interno del mercato unico dell’UE (a volte chiamato mercato interno), persone, merci, servizi e denaro circolano con la stessa libertà con cui si muovono all’interno di un singolo paese, senza essere ostacolati da confini o barriere nazionali.
In quanto cittadini dell’UE possiamo ora studiare, vivere, fare acquisti, lavorare e passare la pensione in qualsiasi paese dell’Unione, oppure, usufruire da casa di un’ampia varietà di prodotti provenienti da tutta l’Europa.
Ciò vuol dire che il prodotto birra può essere liberamente scambiato all’interno dell’UE senza particolari problemi e senza particolari procedure. Vi sono, però, alcuni aspetti da tenere presente, come la documentazione necessaria e come l’applicazione delle accise, che sono e restano riservate alla legislazione del singolo paese.
Veniamo, pertanto, al caso Inghilterra. Il produttore di birra che volesse vendere oltre la Manica, dovrebbe semplicemente rivolgersi a una ditta specializzata in trasporti all’interno dell’UE. Sarà detta azienda a provvedere a effettuare tutta la documentazione necessaria per le attività di export, come l’emissione del DAA e come l’appuramento del DAA. Il produttore dovrà solo fornire il documento di trasporto e la fattura di vendita contenenti la specifica indicazione del prodotto, del formato, dei litri e della gradazione alcolica.
L’emissione del DAA, ha un costo fisso di 40,00 euro a pratica (+ iva 22%), mentre l’appuramento del DAA, ha anch’esso un costo fisso a pratica, ma di euro 55,00 (+ iva 22%).
A questo costo dovrà essere sommato quello del trasporto vero e proprio (che solitamente varia a seconda della ditta, del peso e del luogo di destinazione della merce).
Altro discorso è quello delle accise. A farsi carico del pagamento delle accise sarà l’acquirente, ma capita spesso che questi deleghi direttamente al produttore detto adempimento. Anche in questo caso, le ditte di trasporto provvederanno al pagamento delle accise, il cui prezzo è predeterminato secondo un modello di calcolo semplice: Accice x litri venduti x gradazione. Facciamo un esempio. Mettiamo caso che il produttore venda 40 cartoni da 12 bottigliette 0,33 di birra aventi una gradazione di 6,5 gradi. Saranno quindi 480 bottigliette per un totale di 158,40 litri.
Il calcolo quindi sarà: Accisa GBP 18.74 x HTL 1,584 = GBP 29.6842 x 6.5 = GBP 192.9473 pari a € 244.00.
Il calcolo è quindi molto semplice, sarà sufficiente variare il numero dei litri e la gradazione per avere di volta in volta il costo finale delle accise.
Si noti bene, inoltre, che nelle vendita in Inghilterra non si applica l’IVA. Per far ciò, sarà necessario essere dotati di Partita Iva Comunitaria, che non è altro che la partita iva già in possesso del produttore ma per la quale è stata fatta un’apposita istanza presso l’Agenzia delle Entrate Locale (vedi esempio di domanda).
La fattura quindi sarà essente Iva, ma attenzione, ricordate sempre il principio della compensazione tra iva acquisti e iva vendite e il Reverse change.
Reverse charge, sostanzialmente, significa “inversione contabile”, e si basa prevalentemente sull’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, per il quale il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato, è obbligato ad assolvere l’imposta in sostituzione del cedente o del prestatore.
Lo scopo del reverse charge consiste nell’evitare le frodi IVA: questo meccanismo, infatti, è stato voluto dall’erario per evitare che due soggetti in questione (il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi e il cedente o prestatore) frodino l’erario, non versando l’IVA o chiedendone il rimborso. L’erario ha così deciso di trasferire i compiti del cedente dei beni o prestatore di servizi al debitore, che è dunque obbligato ad applicare il suddetto meccanismo del reverse charge.
Speriamo che queste poche righe siano state utili. Nella prossima puntata vedremo il caso della Spagna, per poi passare all’analisi dei paesi extra Ue, dove le cose, in verità, si fanno più complesse.